Intervista per ABC

27/06/2005
intervista a Loris Cecchini
Intervista per ABC, quotidiano di Madrid, 2005

1) Nella tua opera ci sono costanti riferimenti a quello organico. Cos'è
quello che t´interessa di questo concetto e come si traduce nelle tue
opere?
La relazione con la sfera dell’organico si manifesta più concretamente negli ultimi
lavori,nello specifico penso alla relazione diretta con la natura; credo di essere
arrivato a questo approccio paradossalmente dopo anni di utilizzo di materiali
sintetici, nella manipolazione di materiali diversi e dall’osservazione dello status
stesso della materia, di come questa si comporta strutturalmente passando per
esempio dal liquido al solido o dal caldo al freddo in differenti densità, o in generale
cambiando le proprie caratteristiche in fase di utilizzo. Credo di esserci arrivato per
forti affinità che sentivo nei confronti della destrutturazione, dei materiali flessibili, di
una sorta di intervento sulla biologia molecolare di una forma.
Mi interessa contemporanemente sul piano della virtualizzazione: la possibilità dei
softwares di progettazione tridimensionale di intervenire sulla materia così come
prima lo si faceva solo con I modelli fisici, promuove l’approccio alla sfera
dell’organico con delle diverse implicazioni progettuali, mettendo in relazione il
design strutturale e crescita biologica, la forma di un’architettura e la morfologia di
un animale…

2) La tua esposizione a Madrid rende evidente l´attuale interesse per
quello architettonico. In che senso questo è così?
Ho sempre cercato di lavorare cercando un tramite tra realtà simulata, artificialità e
realtà fisica (penso alle serie di fotografie manipolate utilizzando modelli, così come
alle sculture e installazioni realizzate replicando oggetti),lavorando su un tipo di
percezione indotta che ormai da tempo fa leva sui nostri meccanismi percettivi: in
questo senso trovo le proposizioni spaziali dell’architettura contemporanea un
ambito di ricerca molto fertile.
Mi riferisco in modo particolare ad una progettualitˆ che si muove su una sensibilità
a cavallo tra realtà e simulazione, tra antropologia e dato economico, tra artificialità
e processo biologico.

3) Hai arrivato a dire che hai la sensazione che i tuoi ultimi lavori sono
stati miglior capiti dagli architetti che dalla gente del mondo dell´arte.
Perché lo pensi?
Mi riferisco a questo perchè lavorando con modalità vicine anche al mondo del
design, utilizzando tecniche differenti di costruzione di forme e spazi ( in questo
caso penso agli ambienti della serie Density Spectrum Zones o ai Monologue
Patterns), dove le complessità progettuali diventano un problema rilevante.Questo
se vuoi avvicina le “discipline” tra loro. Ma più di tutto è la relazione che si crea
mettendo in scena delle microarchitetture che hanno prevalentemente un risvolto
poetico più individualizzato dove è l’idea di trasfigurazione che predomina.
Negli ultimi due anni sono stato contattato da diversi giovani architetti italiani che mi
hanno coinvolto nella partecipazione a vari concorsi pubblici e questo uscire dalle
tipologie e circostanze del mondo dell’arte mi piace molto.



4) Seccondo la nota di stampa, la tua esposizione di Madrid é relazionata
con quella di Casal Solleric, una delle tue mostre più ampie fino ad
oggi. Come si rapportano e in che senso é un passo avanti?
Il percorso della mostra costruita per il Solleric era senz’altro più esustivo, c’era una
selezione di opere fatta su un tempo lungo di lavoro:nel caso della galleria ci sono
un paio di opere eseguite nello stesso momento, ma non esposte in quella
occasione. Ci sono lavori completamente nuovi come le sculture a muro della serie
“Gaps”,oggetti estrusi dalla parete che vivono direttamente della relazione con la
superficie e i grandi collages della serie “The monologue project” che sono
assemblaggi di disegni a mano, disegni al computer, frammenti di lavori e modelli
vari dei progetti di installazione più grandi. Da Max Estrella è presente inoltre una
delle sette roulottes di “Monologue Patterns”, una serie di lavori grandi esposti negli
ultimi mesi al Palais de Tokio di Parigi, al PAC Padiglione di Arte Contemporanea di
Milano e a Tilburg in Olanda con Fundament Foundation.

5)Nel tuo lavoro ha gioccato un ruolo importantissimo la maqueta/modello,
quello che caratterizza a tanti altri artisti contemporanei. Cos'è quello
che ha fatto del tuo uso della maqueta/modello qualcosa di genuino?
Fin dall’inizio, nel 1996, ho sempre lavorato molto sull’idea di “realtà modellizzata”.
Gli ambienti ricreati in studio, paesaggi o interni che fossero, mi danno modo di
costruire un luogo concreto e virtualizzato allo stesso tempo, la possibilità di
muovermi