Testo di Riccardo Caldura

12/04/2019
LORIS CECCHINI-EMULSIONE 2019
I lavori della serie Emulsione di Loris Cecchini si presentano come dei contenitori o delle
teche trasparenti atte a conservare dei delicati disegni a grafite e acquerelli su carta, nei
quali domina il colore verde in tutte le sue sfumature. Il materiale di questi involucri
appartiene alla famiglia dei poliesteri (PETG), e viene utilizzato sfruttandone la grande
plasmabilità che permette non solo di proteggere i lavori, ma di imprimere, grazie al
relativo spessore della superficie termoformata, il calco dei moduli costituenti le grandi
strutture organico-architettoniche di Cecchini. Un volta esposti, la luce ambiente produce
riflessi e aloni che si proiettano sui fogli di carta. Le immagini oscillano così fra la
precisione descrittiva e l’astrazione, restituendo una dimensione del naturale colto nel
momento del suo generare proliferazioni e trasformazioni in vitro. Le delicate ramificazioni
disegnate e acquerellate ricordano i licheni o le alghe; a volte le trasparenze puntiformi
sembrano seguire il processo di dispersione aerea di scaglie, semi e spore. Alle forme di
una natura ripresa a distanza ravvicinata, si accompagnano tratteggi di traiettorie,
diagrammi, numerazioni, quasi si trattasse di elaborare un progetto più ampio a partire
dall’analisi di basici elementi vegetali. Sono immagini che parlano di una natura che
incessantemente crea e trasforma, natura naturans colta nei suoi elementi primari e
conservata in vista della ricolonizzazione di un nuovo ambiente non più fra terra e cielo,
ma fra immaginario e realtà. Ed effettivamente alcune di queste opere su carta sono
concepite come spunti per le grandi installazioni paranaturali che caratterizzano la
produzione maggiore di Loris Cecchini. Fra le tracce e gli accenni di vegetazione
compaiono non di rado concetti, parole, versi appena leggibili. Segni che animano
anch’essi la superficie della carta, un po’ come avveniva nelle pagine degli antichi erbari
composti da elementi floreali disseccati o da accurati disegni con le loro note di
commento. Ora si tratta di un erbario contemporaneo, che non si limita a raccogliere e
descrivere, ma permette di enucleare gli elementi che predispongono ad una ricostruzione
generativa. Vi è un’intensa poeticità nelle macchie acquerellate che ricordano foglie o
scaglie, nelle circonvoluzioni di tratteggi e parole, diventate “ultraparabole” (concetto che
appare in uno dei disegni della serie). E’ una poeticità. che va colta nel suo essere punto
di sintesi fra visione e approccio analitico, fra verso e formula, quasi a trattenere la
simultaneità dei diversi passaggi che permetteranno ad una intuizione di crescere e
diffondersi come un organismo. Il mezzo utilizzato, l’acquerello, è tenue come lo è la

pellicola dell’acqua, e di quest’ultima sfrutta la fluidità, la pervasività, la trasparenza che
lascia intravedere quello che avviene fra strato e strato del ‘verde’. La sequenza dei lavori
allineati sulle pareti dello spazio rende quest’ultimo simile ad una sala di un museo di
storia naturale di nuova concezione. In fondo non vi è gran differenza fra natura e arte,
entrambe in grado di sostenere e nutrire gli organismi cui danno forma. Cecchini
predispone l’emulsione nella quale le loro distinte microparticelle, gli elementi costitutivi,
inizieranno a fondersi.