Test di Stefano Pezzato

14/06/2018
Waterbones 2018
WATERBONES
INTORNO ALLA "NATURA" DELL'ARTE MODULARE DI LORIS CECCHINI


L'occasione di questa monografia dedicata all'opera di Loris Cecchini è molteplice e per questo ricca di significati. La ricorrenza dei trent'anni di attività del Centro Pecci, dove l'artista ha tenuto un'estesa mostra personale nel 2009, ha coinciso con l'acquisizione da parte della città di Prato di una sua nuova "opera pubblica" che sarà installata davanti all'ingresso della biblioteca comunale, nel complesso ristrutturato di archeologia industriale della ex fabbrica tessile Campolmi; inoltre con l'invito a realizzare un'installazione temporanea sulla facciata del Gallery Hotel Art di Firenze, a pochi passi dal Ponte Vecchio e dai numerosi monumenti e capolavori della grande arte del passato; quindi con la conferma del legame fra l'artista e la Toscana, terra dove è cresciuto e ha lavorato per anni e dove, fra l'altro, ha realizzato le sue ultime pubblicazioni (per Pacini, Pisa e Gli Ori, Pistoia nel 2017) e mostre recenti (alla Villa Pacchiani di Santa Croce sull'Arno nel 2016 e alla Galleria Continua di San Gimignano nel 2018), mentre adesso inaugura un'inedita collaborazione con la ditta Manteco di Montemurlo per la produzione sperimentale di uno speciale tessuto jacquard disegnato dall'artista e utilizzato per rivestire questo libro.

I vari progetti e realizzazioni di Cecchini selezionati e documentati in questo volume, siano permanenti o temporanei, di carattere pubblico o privato, riguardano in particolare la forma modulare e strutturale, l'interesse sistemico e combinatorio, la pratica compositiva e installativa della sua arte, sviluppata negli ultimi quindici anni e definita in concomitanza e successivamente all'abbandono delle "repliche di oggetti", tratte dal quotidiano e basate su una "evidenza scenica" (Stage Evidence) di parti del mondo interpretate come simulacri illusivi quanto metafisici.
Fra le prime serie di fotoassemblaggi e le sculture o installazioni in gomma monocroma grigia, che hanno lanciato e affermato Cecchini nel panorama artistico nazionale e internazionale tra la fine degli anni Novanta e i primi del Duemila, e le successive ricerche plastiche e spaziali caratterizzate dall'invenzione e progressione di "corpi estrusi" e installazioni modulari risulta esserci comunque una costante: la sospensione, l'effetto da "fermo immagine" che trattiene nell'opera un'azione in potenza e contiene per forza un'energia evocata dal recente deflagrare di bolle, risonanze, vibrazioni, emersioni sulle pareti e poi nell'espandersi di onde, nuvole, bozzoli, cristalli, germinazioni negli ambienti.

Ciò che risalta nell'arte di Cecchini dell'ultimo decennio è il progressivo allontanarsi da una dimensione antropica, con lavori sempre meno incentrati sulla presenza umana diretta (protagonista delle prime serie di fotoassemblaggi) o indiretta (tramite l'impiego di oggetti quotidiani, ancora oggi evocati da librerie e finestre che fuoriescono dalle pareti; oppure di forme architettoniche, rielaborate come roulottes e moduli abitativi fantastici).
La sua opera attuale appare indirizzata ad indagini scientifiche e processi naturali, attratta dalla morfologia di piante o minerali, ispirata a strutture reticolari e conformazioni molecolari. La creazione di elementi modulari come sfere, sfere sdoppiate e triple sfere, prismi, eliche, semi, gusci, cespugli, spine, gambi, gocce ha fatto sì che svariate forme di combinazione, aggregazione e proliferazione prendessero vita e occupassero il campo, letteralmente e metaforicamente.

Le prime serie di "anti-nebulose", Cloudless sospese e aggrovigliate a scale (New York, 2006; Parigi, 2007; Bologna, 2008) o incagliate ad un albero (Shanghai, 2007); i micro-ambienti praticabili incastonati come "gioielli" fra i rami (Gallarate, 2004; Grenoble, 2016) e la grande capsula iridescente premiata alla Biennale di Venezia (2005); gli involucri "orbitali" luccicanti (Shanghai, 2007; Prato, 2009) e le concrezioni aeree cristallizzate (Hong Kong, Tokyo, New York, 2007-2008; Firenze, 2012); l'accorpamento volante e brulicante con un albero secolare alla Fattoria di Celle (Santomato di Pistoia, 2012): sono tutte prove tecniche e poetiche di un'arte che non rappresenta ne intende simulare più il mondo, anzi propone continue deviazioni e alternative ad esso, autonome perfino rispetto alla semplice dicotomia fra il naturale e l'artificiale, in grado ormai di disegnare e fare proprie nuove forme materiali e mentali, nuove ricognizioni fisiche e filosofiche.

Di volta in volta come un ingegnere o un gioielliere, un chimico o un botanico, o piuttosto un "giardiniere" come si è definito ultimamente, Cecchini appronta il proprio laboratorio di trasfigurazione della realtà, dove un ingrandimento al microscopio, un elemento sintetizzato e rielaborato al computer viene prodotto industrialmente per confluire e moltiplicarsi nell'opera, secondo un'apparente ripetizione e organizzazione automatica di se stesso. La sua realizzazione, pertanto, risulta essere sempre unica e potenzialmente aperta a sviluppi ulteriori; come una sostanza parcellizzata e distributiva, in cui ogni elemento del sistema assume valore sul modello della rete internet e il suo insieme diffuso si propone come traguardo relativo (un'altra sospensione) all'interno di un processo creativo continuo, evolutivo e inclusivo della scultura e dell'architettura, della forma esterna e della struttura interna.

La nuova serie di Waterbones, licenza artistica che immagina "ossa d'acqua" per farci superare i limiti dell'apparenza, rimanda alla proprietà fondamentale, alla struttura profonda della materia: ogni cosa che si manifesta è un fluire di eventi; anche se sembra solida come le ossa che ci sostengono, in realtà è mobile come l'acqua che emerge in forma di onda per rituffarsi nel mare aperto. È stata la fisica quantistica a descrivere, invece di oggetti, i processi formati da interazioni, sistemi di relazione fra sistemi, che presentano ai nostri occhi i passaggi (le tappe, come sono le opere di Cecchini) nel campo continuo dell'universo (della sua arte). La struttura fisica della materia è granulare, le relazioni fra entità elementari sono forme del probabile, dove il micro e il macro sono relativi, anzi si confondono esattamente come avviene nelle installazioni di questo artista visionario.

Con le sue "repliche" in gomma Cecchini aveva già sperimentato il disequilibrio nella materia, negando stabilità e solidezza agli oggetti riprodotti come grigi fantasmi di se stessi; poi ha adottato la forma "atomizzata" di un'onda fluttuante (Tillburg, 2005; San Gimignano, 2007), sperimentando con le prime installazioni di moduli sferici in plastica o polietilene un vero e proprio processo di trasformazione in corso, un sistema di coagulazione o dispersione in atto, presentando un organismo in simultanea tensione ambientale fra l'interno e l'esterno (la galleria in cui è sospeso e il cielo o il mare a cui aspira).
Nella sua mostra al Centro Pecci (Prato, 2009) l'artista ha messo in atto un sistema modulare auto-generativo in acciaio, realizzato altre volte in PVC, esemplare di installazione istantanea "che si può costruire continuamente"; configurato successivamente sul modello di una proliferazione naturale in The Developed Seed (Monfalcone, 2011; Cleveland, 2013); sulla base di strutture vegetali e ipotesi di ubiquità, Diagram bushes Here and There and Everywhere (Pechino, 2013); su "interazioni sequenziali" in cui si organizza un ammasso vibrante di particelle, Nuages de la mer et de l'air, symphonie des flux (Marsiglia, 2014).

Insieme alla sperimentazione in serie di Open diagram (dynamics of efficient distribution) e di Physiological configuration, realizzate nel 2013 in plastica granulare su superfici di alluminio anodizzato, Cecchini ha iniziato a sviluppare il modulo d'acciaio in versione di triade "ossea" che si espande dinamicamente, proponendo una varietà di aggregazioni e composizioni ambientali della serie Waterbones: appoggiate a terra, aggrovigliate ed estese come morfologie biologiche random (Milano, 2014; Les Moulins, 2016; Parigi, 2017; San Gimignano, 2018); aggrappate a parete e affacciate sul vuoto come forme rampicanti spontanee (Venezia, 2015; Les Moulins, 2016); sospese per aria come nugoli di sciami fluttuanti (Seul, 2016; Columbus Ohio, 2017); diffuse fino a contaminare interi ambienti con effetti simultanei di contrazione ed espansione, densità e rarefazione (Venezia, 2017; San Gimignano, 2018).
In ogni situazione queste strutture combinatorie, in apparenza libere e caotiche ma fondate su schemi matematici o calcoli algoritmici, assumono caratteri peculiari e rispondenti alle caratteristiche del luogo, oltreché agli elementi coinvolti e al tipo di organizzazione spaziale a cui sono sottoposti: come algoritmi, queste organizzazioni modulari diventano "processi" creativi per trovare "soluzioni" interpretative al contesto espositivo di riferimento.

In nuove varianti del 2018 le installazioni modulari di Waterbones assumono caratteristiche specifiche. Alla Galleria Continua di San Gimignano diventano una diffusa concatenazione d'acciaio, un sistema frattale vibrante come il suono ambientale composto per l'occasione da Alessio de Girolamo e riflettente il colore verde acido della stanza in cui sono tutti immersi (opera, suono e colore); l'insieme assorbe completamente il visitatore in una sinestesia di stimoli visivi, uditivi e tattili. Sulla candida facciata del Gallery Hotel Art di Firenze l'artista propone invece un'esplosione temporanea di sinapsi d'acciaio, un formicolio controllato di nervature cromate, brillanti come gioielli sbalzati che ammiccano al cangiare continuo della luce diurna, audaci e distinte come strutture rampicanti che invadono il muro nel controluce notturno. Per la città di Prato, inoltre, Cecchini ha ideato una tramatura sinuosa d'acciaio per invadere diffusamente la parete in cemento di fianco all'ingresso della biblioteca (Istituto Culturale e di Documentazione Alessandro Lazzerini), quale simbolo di rigenerazione e trasformazione, di riattivazione e crescita insite nella memoria dell'antica fabbrica tessile recuperata a nuova vita culturale e del lungo lavoro che vi è sotteso, agganciando il passato e il presente. Alla storica realtà industriale di Prato l'artista ha rivolto il proprio interesse anche in occasione della collaborazione con Manteco, che ha realizzato un tessuto originale "firmato" da Cecchini; in una produzione inedita (per l'autore e per l'azienda tessile) il reticolo grafico di Waterbones assume un nuovo rilievo e richiama la "distribuzione dinamica" di Open diagram, vera fonte d'ispirazione di questa ricerca artistica.


Firenze, giugno 2018